Le prime reazioni dei ragazzi nel parlare dell’Anno dei giovani: «tante aspettative, tutte soddisfatte!».
Un anno di iniziative interamente dedicate ai giovani, che per Mons. Cristiano Bodo, Vescovo di Saluzzo, era «un desiderio che portavo nel cuore da molto tempo». Un progetto “in grande”, con l’obiettivo di creare occasioni di aggregazione, condivisione e amicizia per i ragazzi della diocesi di Saluzzo, sia tra di loro, sia verso altre realtà di fede. L’incontro con il gruppo di Fraternità di don Alberto Ravagnani, il passaggio dei novizi salesiani e della Croce “dei giovani” tra le varie parrocchie, gli incontri di “Laboratorium”, per testimoniare la fede nella cittadinanza e nell’era del digitale. «L’intento – spiega il Vescovo – è quello di far passare il messaggio di pace e amore che Gesù ci ha lasciato, la bellezza di scoprire la presenza di Dio nel nostro cuore e, non ultimo, prepararci a vivere un momento importante della nostra vita cristiana, quale è il Giubileo».
Un’iniziativa di tale portata ha richiesto, e continua a richiedere, il contributo e la partecipazione di tutti, giovani e meno giovani, perché mettere a disposizione degli altri i propri doni, le proprie capacità, è un modo per sperimentare Dio in prima persona, concretizzarne gli insegnamenti e trasmetterne i messaggi. E poi, si sa, il Bene è come una fiamma, che passando di candela in candela si moltiplica all’infinito senza mai perdere forza, energia, calore.
Trascorso ormai qualche mese dall’inizio dell’Anno dei giovani, sia gli organizzatori sia i ragazzi cominciano a vedere i primi “frutti” di tutto l’impegno che hanno scelto di donare, il gruppo comincia ad ingrandirsi e a dare vita ad occasioni di ritrovo, di esperienza, di preghiera condivisa. Abbiamo fatto qualche domanda a Nicole e ad Anna, che hanno partecipato nell’organizzazione degli incontri in quanto educatrici, e a Francesco, 18 anni, che ha vissuto gli incontri come partecipante. Tutti e tre, per “finire in bellezza” questo anno ricco di iniziative per i giovani, parteciperanno al Giubileo a Roma.
Quali sono state, per ora, le attività principali?
Nicole: «Come Pastorale giovanile abbiamo organizzato la visita dei novizi e dei sacerdoti salesiani, che hanno incontrato i ragazzi a Busca e a Saluzzo, momenti che sono anche stati per noi occasione di conoscere i giovani che parteciperanno al Giubileo e per loro di incontrarsi, nonostante la provenienza da parrocchie diverse. Dopodichè abbiamo organizzato i workshop del progetto “Laboratorium” sul tema della comunicazione, e infine l’incontro con Fraternità e don Alberto Ravagnani».
Come sono state accolte queste iniziative? Quali incontri hanno avuto più “successo”?
Nicole: «Abbiamo avuto una grandissima partecipazione, soprattutto al primo evento a Busca con i salesiani e poi all’incontro con Fraternità. A quest’ultimo, per esempio, erano presenti circa 200 ragazzi che venivano da tutte le parrocchie della diocesi: è stato bellissimo vedere tutti quei giovani insieme! Tanti hanno partecipato al primo incontro e poi si sono lasciati trascinare dall’entusiasmo e sono venuti anche al secondo… Ha iniziato a crescere un desiderio di continuità nella presenza, che è ciò che cercheremo di stimolare anche una volta concluso l’Anno dei giovani. Siamo rimasti stupiti dal fatto che molti ragazzi, dopo la serata con Fraternità, hanno poi chiesto di proseguire questo cammino, creando nuove occasioni di ritrovo per pregare, fare adorazione e condividere esperienze di fede insieme».
Francesco: «Per ora al primo posto c’è la serata con Fraternità, dove erano presenti tantissimi ragazzi giovani, all’incirca sotto i 20 anni. Non mi aspettavo questo tipo di partecipazione, perché proprio non credevo che un’iniziativa simile potesse attirare così tanti giovani, invece l’impatto è stato molto positivo: il clima era accogliente, le testimonianze dei ragazzi di Fraternità hanno dimostrato che siamo un po’ tutti sulla stessa barca, le speranze e le paure che proviamo tutti noi a quest’età sono in realtà le stesse… Questa sensazione di comprensione ci ha spinti a riflettere e a riconoscere che in fondo la Chiesa non è soltanto andare a messa alla domenica, ma può essere anche un gioco improvvisato con i bambini, un video da condividere sui social media… Ecco che così la Chiesa diventa interprete delle esigenze dei giovani e le persegue per realizzarle».
Quali obiettivi vi guidano nella pianificazione?
Nicole: «L’obiettivo principale è sicuramente quello di fare qualcosa per i giovani, un qualcosa che sia educativo ma al tempo stesso anche divertente ed entusiasmante, in cui la fede non rimanga sullo sfondo ma sia posta al centro della scena, in primo piano. E poi il nostro fine come Pastorale giovanile è quello di unire tutti i giovani della diocesi, che a volte non si conoscono tra di loro perché sono poche le iniziative volte a raggruppare tutte le parrocchie».
Anna: «A volte è difficile rendersi conto di quale fortuna sia poter diventare animatore, quale enorme privilegio sia avere a che fare con i ragazzi in un ambiente informale come è quello dell’oratorio. E questo non soltanto perché si riesce concretamente ad aiutare, intrattenere, condividere speranze, sogni, paure, con loro: il dono più grande è che ti aiutano a scoprire chi sei! Tante persone diventano educatori o insegnanti in ambito sociale proprio perché hanno sperimentato esperienze di animazione più “semplici”, come possono essere l’oratorio, i campi scuola, la Gmg, il Giubileo… E poi si sa, stare con persone più giovani aiuta a prendere velocità, la stessa velocità con cui si sta muovendo la società di oggi».
In base alla tua esperienza, quali sono oggi le difficoltà principali nel coinvolgere ragazzi e giovani nelle iniziative della Chiesa?
Francesco: «Spesso pensiamo alla Chiesa come ad un luogo in cui vanno solo gli anziani, o comunque non i giovani e gli adolescenti. Noi non ci sentiamo “chiamati in causa” anche perché i social, che ormai fanno parte della nostra quotidianità, hanno poco a che vedere con la Chiesa. Per questo le iniziative dell’Anno dei giovani hanno attirato molti ragazzi, perché sono state concrete e attuali al punto da riprenderci, farci di nuovo vedere la scintilla della fede che spesso dimentichiamo. Spero che queste iniziative proseguano dopo il Giubileo, anche soltanto a livello locale, organizzandoci tra di noi per coinvolgere le persone e far capire che anche in Chiesa ci si può divertire».
Nicole: «Oggi il problema è che i giovani credono che la Chiesa sia soltanto preghiera e messa con le persone anziane, che l’oratorio sia da sfigati… Non sanno che questi possono invece essere luoghi di comunità e condivisione nella preghiera e nel divertimento».
Anna: «Io credo che oggi sia molto più complesso essere animatori perché le esigenze sono cambiate ed è difficile intercettarle. Quando ero piccola si andava in oratorio perché ci andavano tutti, perché c’era la possibilità di stare con gli amici invece che da soli in casa; oggi si va in oratorio soltanto perché si conosce qualcuno che ha acceso una piccola scintilla nel cuore, in grado di attrarre i ragazzi. E’ fondamentale intercettare le vere esigenze e non limitarsi ai giochi, comprendere qual è il “valore aggiunto” che la fede può donare alla nostra vita e farlo vedere nel concreto ai giovani; tutto il resto esiste già anche fuori dall’oratorio».
Da educatrice, come pensi sia possibile far passare ai giovani il messaggio della bellezza di avere Dio nella propria vita?
Anna: «Beh sicuramente non bisogna perdere la speranza: spesso è difficile ottenere la loro fiducia, farli partire, a volte non hanno voglia, ma poi sono felici di aver partecipato. E’ necessario trovare qualcosa per cui nella loro ottica valga la pena superare la svogliatezza. E poi il linguaggio. Tra la nostra e la loro generazione si è già creato un divario grande, difficile da superare. L’animatore deve essere una persona credibile, coerente, che parli un linguaggio in grado di arrivare ai ragazzi ma che sia disposto al tempo stesso ad imparare da loro, dimostrando che il pregiudizio è superabile sempre, a cominciare da quello che investe il linguaggio dei giovani nel rivolgersi al mondo adulto, con tanto di “boomer” e quant’altro».
Nicole: «L’obiettivo è far provare loro più esperienze possibili legate alla fede, viverne concretamente i valori della comunità, della famiglia, del sacrificio e del servizio, dell’amore verso il prossimo. Io mi sento di dire che soltanto vivendo tutto ciò si comprende veramente che Dio è in ogni persona che incontriamo e con cui condividiamo il nostro quotidiano».
Parteciperai al Giubileo di Roma? Cosa ti aspetti?
Francesco: «Andrò a Roma ad aprile come accompagnatore. Da parte della nostra diocesi mi aspetto tanta unione, amicizia e partecipazione, anche tra di noi animatori che spesso non ce ne accorgiamo ma siamo il principale esempio per i nostri animati».
dal Corriere di Saluzzo del 15 maggio 2025
