Un mese fa abbiamo celebrato la XXXVII Giornata nazionale di sensibilizzazione per il sostentamento del clero, un gesto di riconoscenza verso i sacerdoti che ogni giorno si prendono cura delle nostre comunità. A breve verrà lanciata la nuova campagna della Cei (Conferenza episcopale italiana) per le Offerte per il sostentamento dei sacerdoti. Nel frattempo siamo invitati a
raccontare la storia di un sacerdote diocesano, la cui attività tra i giovani, gli anziani e la cura delle iniziative pastorali nelle comunità, ci chiama a riflettere sull’importanza della presenza dei sacerdoti tra di noi.
Abbiamo raccolto le impressioni di un prete giovane, da un anno chiamato ad affrontare una nuova esperienza pastorale in quattro parrocchie, continuando nel contempo a ricoprire gli incarichi che già aveva a livello diocesano. Don Marco Tallone, originario di Busca, ha 35 anni ed è stato ordinato sacerdote dieci anni fa. Dal 2024 il vescovo gli ha affidato la cura delle comunità di Sanfront, Robella, Rocchetta e Gambasca.
Don Marco, forse un anno è un po’ poco, ma probabilmente sufficiente per rendersi conto di cosa significhi coordinare le varie attività in quattro parrocchie, tre delle quali piuttosto piccole.
«Quasi un anno fa, scherzando, nelle mie prime domeniche ho ripetuto diverse volte che nel primo mese sarei stato in prova e che i parrocchiani avrebbero potuto rimandarmi indietro. Sono contento perché ciò non è avvenuto e abbiamo potuto iniziare a lavorare e vivere insieme, in una realtà per me completamente nuova. In questi mesi mi sono accorto di tante esperienze e di tanti vissuti che meritano attenzione e affetto. Partire da zero è sempre occasione per mettere buona volontà e al tempo stesso chiede pazienza per imparare e entrare nelle situazioni».
L’attenzione ai ragazzi, il non facile compito di coinvolgere i giovani, ma anche di rapportarsi con le famiglie e portare un po’ di luce e speranza tra gli anziani e ammalati. Un’opera che, come si dice… “prende molto tempo”…
«Le nostre parrocchie, come credo tutte le parrocchie, sono abitate da tanti mondi diversi, che a volte viaggiano insieme, spesso si ignorano e in alcune occasioni collidono. Sulla carta c’è tempo per tutti, nella realtà tante volte occorre fare delle scelte, facendo attenzione a non escludere nessuno. Oggi molto più che in passato la presenza dei preti si fa sempre più centellinata, ma nel frattempo è bello poter prendere parte ai momenti importanti della vita della comunità, perché queste occasioni permettono di stringere amicizie nuove. Un’attenzione particolare va riservata a chi non può prendere parte facilmente alle attività a causa delle difficoltà di salute e l’età. Questi incontri tante volte chiedono di salvare un tempo per farsi vicini a chi è più in difficoltà».
Tra l’altro il vescovo ha affidato a don Marco anche la cura della pastorale giovanile di tutta la Valle Po, un territorio piuttosto vasto e popoloso, che va dalla periferia di Saluzzo fino ai piedi del Monviso. Una sfida avvincente?
«I paesi della valle conservano una ricca tradizione di partecipazione ecclesiale e affrontano una sfida comune a tanti territori delle valli alpine perché le difficoltà legate al lavoro e allo studio spesso portano i più giovani a cercare sistemazioni diverse. Al tempo stesso è bello poter lavorare con le famiglie più giovani e con i ragazzi per accompagnare tutti coloro che lo desiderano ad un’autentica esperienza di fede. Occorre giungere ad un giusto compromesso tra ciò che possono proporre le singole parrocchie e ciò che occorre valorizzare insieme. In questo la proposta dei campi estivi in montagna presso la casa diocesana di Sant’Anna di Bellino è forse l’esperienza consolidata migliore che le nostre parrocchie riescono a offrire ai ragazzi per crescere insieme».
Senza dimenticare che don Marco è anche responsabile dell’Ufficio liturgico diocesano, maestro delle cerimonie vescovili, assistente Acr e Giovani e, da ultimo anche referente diocesano per il Giubileo. Come si riesce a conciliare tutti questi incarichi?
«In modo sbrigativo, ma con il sorriso si può dire che gli incarichi si sovrappongono ma faticano a conciliarsi. Questa certamente non è una lamentela perché è la situazione normale della maggioranza dei preti in Italia. Con serenità ammetto che tante volte si passa da un’esperienza all’altra e si rischia di perdere qualcosa di importante. Mi rincuora il fatto che tutti questi impegni sono frutto di obbedienza e che per questo possono essere vissuti come un servizio ecclesiale».
Il prete è dunque una presenza fondamentale nelle nostre comunità. Proprio questa percezione dovrebbe indurre i fedeli a contribuire in maniera più robusta al sostentamento dei sacerdoti. Cosa che non sempre avviene…
«Io non mi sento di dire che i parrocchiani non siano generosi, anzi molto spesso mi stupisco della
grandezza di cuore delle persone più umili. Al tempo stesso direi che le persone diventano protagoniste quando capiscono e vengono resi partecipi delle necessità della Chiesa. Alcune cose sono più facili da spiegare, mentre altre chiederebbero più pazienza e chiarezza. Il sistema del Sostentamento del clero in Italia è certamente tra i più avanzati al mondo, ma rischia di essere difficile da comprendere e per questo fatica a decollare a livello della considerazione dei fedeli. In ogni caso meritano di essere ringraziate tutte le persone che sostengono il servizio di tutti i sacerdoti in Italia attraverso le loro offerte e i loro sacrifici».
dal Corriere di Saluzzo del 23/10/2025



