Discendente da famiglia patrizia saviglianese, nacque a Torino il 27 febbraio 1738. Laureatosi presso l’università della città, qui svolse il ministero sacerdotale, accattivandosi stima e fiducia per la dottrina e le doti umane. Nel 1780, Vittorio Amedeo III gli affidò la direzione del reale collegio delle provincie, proponendolo poi al papa Pio VI come vescovo di Saluzzo.
Fu preconizzato il 20 luglio 1783 e ricevette la consacrazione episcopale nella chiesa di S. Agnese in Roma dal cardinale Giacinto Gerdil, insieme al saluzzese Carlo Maurizio Peiretti, eletto vescovo di Tortona.
Mons. Lovera entrò in diocesi il 9 novembre 1783. In suo onore il tipografo G. B.Bodoni pubblicò la “Cronatossi dei vescovi di Saluzzo”, piccolo capolavoro tipografico di un saluzzese residente a Roma!
Ebbe come segretario particolare il giovane diacono torinese Stanislao Donaudi, laureato in teologia e diritto il quale, ordinato sacerdote, divenne saluzzese d’adozione.
Mons. Lovera attese con sollecitudine alla cura della diocesi, in particolar modo alla formazione spirituale e dottrinale dei chierici e dei sacerdoti.
Assiduamente predicava in duomo: l’archivio capitolare conserva i fogli autografi delle sue omelie che costituiscono testimonianza della loro validità.
Fece costruire nella cattedrale la balaustra in marmo che chiude la vasta area presbiterale, provvedendo di arredi sacri la sacrestia.
Nel 1785 iniziò la prima visita pastorale alla diocesi le cui relazioni contribuiscono notevolmente alla conoscenza della storia religiosa e civile delle parrocchie.
Dal papa Pio VI fu incaricato, insieme ad altri convisitatori, di compiere la visita apostolica nei monasteri cistercensi di S.ta Maria di Casanova, di S. Pietro e S. Andrea di Rivalta, per instaurare la decaduta disciplina ecclesiastica.
Mons. Lovera, nel 1788, ottenne dall’arcivescovo di Torino, card. Gaetano Costa, che le parrocchie della Castellata (Casteldefino, Bellino, Pontechianale) rimaste fino a quei giorni di fatto sotto la giurisdizione ecclesiastica di Torino, anche se incluse nella diocesi di Saluzzo nella bolla di erezione di Giulio II, passassero alla diocesi di Saluzzo definitivamente. In quell’inverno stesso il vescovo compì la visita pastorale nell’alta Valle Varaita.
Il 6 agosto 1786 benedì il nuovo cimitero cittadino in Via Pinerolo. Da quell’epoca venne interdetto l’uso del cimitero che era attiguo alla cattedrale.
Il cimitero si estendeva a tutta la parte di levante e a tutto il lato di mezzanotte. Il governo se ne servì per qualche tempo per collocarvi il magazzino della legna per le truppe accampate in città.
Nell’anno 1801 le autorità locali rappresentanti la repubblica francese decretarono di aggregare tutta quell’area cimiteriale alla nuova piazza pubblica del mercato.
Il 3 agosto 1789 consacrò la chiesa parrocchiale di S. Andrea in Martiniana Po; il 12 luglio 1789, la chiesa parrocchiale di S.ta Margherita in Cervignasco; il 24 agosto 1790 la parrocchiale di S.ta Maria Assunta in Roccabruna.
Il 17 agosto 1788 riconsacrò la chiesa parrocchiale di S. Andrea in Brossasco, il 17 luglio 1788 quella di S.ta Maria Assunta in Venasca e il 13 luglio dello stesso anno quella di S. Giovanni Battista in Piasco.
Su mandato di Pio VI, a più riprese trattò con re Vittorio Amedeo III per la riduzione delle feste di precetto infrasettimanali.
L’anno 1792 consacrò l’altare della chiesa della “Croce Nera” dedicata a S. Giovanni Battista decollato, sede della Confraternita che aveva il compito di assistere i condannati a morte, le cui esecuzioni avvenivano sulla strada di via Pinerolo, non lontano dall’attuale cimitero.
Con generosità fu accanto alle molteplici necessità dei fedeli e dei sacerdoti. Vendette un anello di smeraldo ornato di diamanti e il ricavato lo destinò in beneficenza, come risulta dalla lettera del 9 ottobre 1796, a firma di P. Ialpone, custode della Real Casa.
Da notare che il 9 dicembre 1798 cadde la monarchia sabauda e il re si rifugiò in Sardegna. Il 15 febbraio 1799, a pochi giorni dalla morte di mons. Lovera, fu annunciato che tutto il Piemonte diventava un dipartimento della Francia.
Anche per Saluzzo iniziava così un periodo di storia giacobina e repubblicana. Il palazzo del collegio dei Gesuiti diventò sede della municipalità; il vescovado fu adibito a deposito d’armi e munizioni; più tardi le stanze furono usate per balli a spese della municipalità.
La città cambiò volto: vide arrivare e partire le truppe degli stati belligeranti; chiese e conventi furono adibiti ad uso profano. I soldati pullulavano ovunque e non raramente, secondo le testimonianze dell’epoca, Saluzzo era ingombra ovunque di: “cani, casse, pagliericci, vino, grano, riso e lardo”.
Alla sottoprefettura della città, Napoleone Bonaparte nominò l’ex canonico Bressy da Marmora che rimase in quella carica fino al tramonto dell’imperatore.
Nel 1802, Bressy emanò l’ordine di soppressione dei conventi di S. Bernardino, di S. Domenico, di S. Nicola, di S. Agostino, dei Cappuccini, dei monasteri di S.ta Chiara, di S.ta Maria della Stella (di Rifreddo) e dell’Annunziata.
Con questa delibera si chiuse la parentesi delle monache di Rifreddo. Infatti a seguito del Concilio di Trento che decretava l’abolizione dei monasteri campestri e il trasferimento delle monache in luoghi sicuri e abitati, il 2 ottobre 1592 le monache di Rifreddo si trasferirono a Saluzzo prendendo sede nel monastero delle Clarisse nel Borgo di San Martino, monastero chiamato di S. Maria della stella, fondato dalla figlia del Marchese Manfredo II di Saluzzo, Agnese, vedova del governatore di Torres in Sardegna. Queste monache continuano così a chiamarsi per distinguersi dall’altra comunità di monache venute a Saluzzo da Dronero e chiamate comunemente dell’Annunziata dal titolo della chiesa da loro officiata. Monastero e chiesa ai giorni nostri sede della “scuola alto perfezionamento musicale”. Il monastero delle così dette monache di Rifreddo fu dal governo francese requisito e affittato e progressivamente si trasformò in abitazione civile. Però la chiesa venne presa in affitto per conto del canonico Francesco Buglione di Monale di Mondovì e così preservata da profanazione e aperta al culto il 1° gennaio 1803. Nel 1805 la chiesa venne affittata alla Confraternita della SS.ma Trinità (detta Croce Rossa). Per tale motivo chiesa e piazzetta antistante portavano il medesimo titolo. Nel 1807 la chiesa e la più recente parte del monastero furono venduti dal governo francese a certo Vincenzo Martina, i cui eredi nel 1873 cedettero ai Gesuiti che officiavano la chiesa e usarono degli altri stabili fino al 1958, anno in cui definitivamente lasciarono la città. La chiesa fu in seguito affittata dalla ditta “A. Bertoni” e adibita a magazzino e nel 1991 fu donata al comune. Invece il monastero nel 1886 circa fu venduto all’Archivio Notarile che è ancora l’attuale proprietario.
I frati e le monache dovettero uscire dai loro conventi. A S. Bernardino i frati minori ritornarono nel 1814, mentre la chiesa e il convento di S. Giovanni furono affidati nel 1829 ai padri “Servi di Maria”.
Con il medesimo decreto, lasciarono Acceglio i padri Cappuccini dove si erano stabiliti nel 1596 per iniziare la loro missione al fine di ostacolare gli eretici.
Mons. Lovera, confortato dalla preghiera della diocesi e con edificante serenità, concluse la giornata terrena la sera dell’11 febbraio 1799 e fu sepolto nella cattedrale.