Nacque a Mondovì nel 1644; abbracciò la vita religiosa entrando nell’ordine cistercense di San Bernardo, divenendone in seguito abate della Consolata a Torino.
Nel 1697 fu nominato vescovo di Bobbio. Il papa Innocenzo XII lo trasferì alla chiesa di Saluzzo il 27 gennaio 1698.
Mons. Morozzo è ricordato dagli storiografi come persona di tratto gentile, di piacevole compagnia, ma decisamente risoluto per tutto ciò che riguardava la vita diocesana.
Compì la prima visita pastorale nel 1698 e la seconda nel 1703. Di queste lasciò una particolareggiata relazione della situazione morale, religiosa ed amministrativa della diocesi, visitata con il vicario generale Giulio C. Radicati di Passerano.
Nei primi anni del suo episcopato, ebbe alcune diatribe con i canonici che non volevano adeguarsi all’ordine impartito a tutti i sacerdoti di non circolare armati. Faticò non poco per ottenere che i frati non seppellissero nelle chiese i simpatizzanti del loro ordine.
In particolare, dovette intervenire con le superiore dei monasteri, le quali in segno di autorità volevano portare il pastorale anche di fronte al vescovo.
I Gesuiti, ritornati a Saluzzo nel 1701, avviarono l’edificazione della chiesa attigua al collegio stesso, con la benedizione della prima pietra da parte del Vescovo.
In quegli anni si intensificarono anche le lotte politiche e il Piemonte fu invaso dalle truppe francesi. Esse minacciarono di incendiare Saluzzo se la città non avesse risposto positivamente all’ingiunzione di consegnare alle truppe 7 sacchi di farina al giorno fino a nuovo ordine. Gli abitanti rifiutarono, confortati dall’arrivo del duca Vittorio Amedeo II il 4 luglio 1704, che si installò, con i suoi ufficiali, nel convento di S. Agostino, mentre il grosso dell’esercito si accampò nelle vicinanze della città. Fra sconfitte e vittorie, la guerra contro la Francia si protrasse fino al 1713. Durante questa occupazione i francesi asportarono a Grenoble tutti i documenti di archivio appartenenti ad alcune parrocchie della Val Po.
Con decreto del 19 luglio 1701, mons. Morozzo favorì l’edificazione della Cappella dal titolo “Madonna di Loreto”. Infatti vi era da decenni, nei pressi dell’attuale Cappella, un pilone edificato in un appezzamento di terreno di forma triangolare e vagamente denominato “cunio” appartenente (allora) ai padri Certosini di Torino dai quali dipendevano le proprietà dette di “Propano”. Il pilone aveva l’effige della Beata Vergine Maria di Loreto con S. Giuseppe. La devozione popolare, confidando nella protezione della Madonna, volle la costruzione della Cappella. Perciò spostato il pilone l’effigie servì da icona dell’altare. A memoria dei posteri fu posta l’iscrizione: “D.O.M./ Beatae Vergini Mariae miraculis clarae / Salutientium pietas / sacellum et aram / D.D.D./” – “Alla beata Vergine Maria insigne per miracoli, la devozione dei saluzzesi dedicò questa chiesa e l’altare”.
Grazie alla pietà e alle offerte dei fedeli, la cappella fu abbellita. Negli anni seguenti, si costruirono altri due altari laterali dedicati: uno a S. Giuseppe e S. Giovanni Battista e l’altro a S. Giobbe, con il consenso della società dei “filatori”.
A seguito dell’occupazione francese, la cappella fu requisita e adibita a magazzino della paglia e a servizi vari delle truppe. Ebbero perciò cattiva sorte le pareti e le pitture. La neve e le infiltrazioni piovane accrebbero maggiormente i danni. La pietà dei fedeli e la generosità di molti favorì, all’inizio del 1800, la riapertura della cappella al culto. Nel frattempo il terreno circostante venne adibito per la sistemazione del cimitero cittadino e per il tracciato stradale per Via Pinerolo.
Il 26 giugno 1701, mons. Morozzo consacrò la parrocchia di S.ta Maria degli Angeli in Manta.
Profuse con munificienza i propri redditi a beneficio dei diseredati. Nel 1710 fece ampliare e restaurare il vescovado, la cui struttura è rimasta tale fino ai giorni nostri.
Ebbe a cuore la cattedrale, rifacendo le porte della facciata e abbellendone l’interno.
L’altare fu ristrutturato per volere del vescovo con preziosi marmi di vario colore e fu cansacrato il 21 dicembre dello stesso anno dedicandolo alla Madonna Assunta e a S. Chiaffredo. Al centro delle colonne dell’altare fu posta una statua in legno finemente scolpita, rappresentante la Vergine SS. Assunta circondata dagli angeli (PLURA). Ai fianchi delle colonne furono poste due statue lignee di statura umana, raffiguranti i martiri S. Chiaffredo e Costanzo, patroni della diocesi e del marchesato.
Nella parte sottostante l’altare fu data definitiva sistemazione alle reliquie di S. Chiaffredo. Del santo patrono, l’amministrazione cittadina nel 1705 provvide a rifare con metallo d’argento la custodia della calotta cranica. Fece inoltre edificare la “Cappella Nuova”, che destinò alla custodia del SS. Sacramento e che con atto notarile del 18 giugno 1724 donò alla Compagnia del SS.mo Sacramento. Qui il vescovo volle il suo sepolcro, dettandone l’iscrizione in latino: “Carolus Joseph Morotius / ex abb gen-li Monacorum S. Bernardi / episcopus Bobbiensis / civitatum quoque urbis veteris Jmolae et Baionearegi superintendens apostolicus Salutiarum deinde Episcopus post Cathedralem restauratam huis sacelli sant.mae eucaristiae fundator vivus sibi posuit Christianae salutis anno 1717. Aetatis suae 73, episcopatus 20 / Bone pastor panis vere Jesu nostri miserere” – “Carlo Giuseppe Morozzo, Vescovo di Bobbio, sovrintendente apostolico della città vecchia di Imola e Banoreggio e poi vescovo di Saluzzo, dopo aver restaurato la cattedrale, ancora vivo fece per se questa cappella dedicata alla SS.ma Eucarestia nell’anno 1717 a 73 anni di età e 20 di episcopato. Buon pastore, pane vero Gesù, abbi pietà di noi”.
Alla epigrafe fu poi aggiunto: “Ob: pridie idus martiri 1729”.
La diocesi di Saluzzo, dal giorno della sua erezione “ipso facto”, giuridicamente fu soggetta alla Santa Sede. In seguito le sollecitazioni del duca di Savoia e dell’arcivescovo di Torino, mons. Gattinara, convinsero il papa Benedetto XIII a provvedere con lettera apostolica del 1728, che la diocesi di Saluzzo divenisse xxxxx dell’arcidiocesi di Torino. Il provvedimento era necessario per costituire una unità morale con i vescovi del Piemonte, con conseguente vantaggio per la partecipazione alle assemblee conciliari provinciali.
Mons. Morozzo, avuta comunicazione del breve apostolico dallo stesso arcivescovo, rispose “Devo accertare V. S. Ill.ma Rev.ma della mia piena conformità al tenore e al disposto del medesimo Breve Pontificio riportandomi a gloria singolare di obbedirvi ed eseguirlo” – 6 dicembre 1728.
Nel 1716 riprese la causa di beatificazione del servo di Dio Giovenale Ancina.
Colpito da varie infermità morì il 14 marzo 1729 e fu sepolto nella cappella del SS.mo Sacramento in Cattedrale.