Alfonso Buglione di Monale nacque a Saluzzo il 25 ottobre 1817. Con lusinghieri risultati si laureò in diritto canonico, perfezionando i suoi studi presso l’Accademia reale di Superga (TO).
Fu consacrato sacerdote dal vescovo di Mondovì, zio paterno.
Quando l’abate Nazari di Cambiano fu nominato vescovo di Casale, a succedergli nell’ufficio di Elemosiniere a Corte fu chiamato il teologo avvocato Alfonso di Monale.
Ritornato in diocesi ricoprì l’incarico di vicario generale con i vescovi Mons. Gianotti e Gastaldi.
Esplicò il ministero sacerdotale nella cattedrale come canonico sacrista e arcidiacono.
Il papa Pio IX lo nominò vescovo di Saluzzo, in seguito alla promozione di Mons. Gastaldi ad arcivescovo di Torino.
Per speciale concessione della S.ta Sede venne consacrato nella cattedrale di Saluzzo il 19 novembre 1871 da Mons. Gastaldi con i conconsacranti: mons. Carlo Savio, vescovo di Asti e mons. Gabriele Grioglio , vescovo titolare di Euria.
Durante l’episcopato di mons. Monale avvenne la fondazione del Seminario di Sant’Agostino in Saluzzo e dell’omonima parrocchia.
Infatti, la chiesa di Sant’Agostino, diventata proprietà dello Stato in seguito alle confische napoleoniche, nel 1802 fu venduta all’asta, insieme con l’annesso convento degli Agostiniani e con il terreno circostante. Diversi furono gli acquirenti, ma il principale fu un certo Ignazio Sola cui toccò la chiesa. Sembra che costui abbia deliberatamente voluto spogliare l’edificio sacro da tutto ciò che ricordava la sua destinazione religiosa.
La navata sinistra lungo la strada fu divisa in camere d’affitto. Tutto il resto, cioè la navata centrale e quella di destra, fu adibito prima a fabbrica di salnitro e in seguito a scuderia ed infine a magazzino per la paglia. Il campanile fu demolito fino alla volta della chiesa e coperto con tegole.
Anche il piazzale della chiesa fu occupato con la costruzione di alcune casupole date in affitto.
Nel 1875 per far fronte ad un fallimento in cui fu coinvolto l’erede del Sola, andò all’asta la parte della chiesa adibita a magazzino con dieci giornate di terreno confinanti con il convento.
Mons. Monale colse l’occasione che consentiva di fare un primo passo affinché la chiesa profanata potesse essere restituita al culto; acquistò all’asta i fabbricati ed il terreno per la somma di £ 36.250,85 centesimi.
Il 5 agosto 1879 comperò, dagli eredi Morosino, le casupole costruite sul piazzale della chiesa e gli alloggi sistemati in due arcate della navata sinistra per £ 5.200.
Nel settembre dello stesso anno, poté acquistare per £ 1.800 il rimanente della navata.
Divenuto proprietario della chiesa, il vescovo si preoccupò di farla restaurare. Un’impresa non facile perché dall’antico edificio non restava più che uno squallido scheletro e per renderla funzionale occorrevano non pochi denari ed opere.
Mons. Monale incaricò l’ingegnere Melchiorre Pulciano, competentissimo architetto per la costruzione di chiese, specialmente in stile gotico, di approntare il progetto.
Completato il piano esecutivo l’antica chiesa in circa tre anni, si presentò rifatta e bella. In seguito furono abbattute le casupole ingombranti il piazzale e l’area fu delimitata da una cancellata di ferro, in stile gotico. Sull’alto della facciata fu posta una croce di ferro, che non ha pregio artistico, ma ha un valore storico.
La croce, nel 1848, fu tolta dalla guglia della torre comunale per sostituirla con la banderuola e lo stemma della città. Fu acquistata da Mons. Gastaldi, che la lasciò in dono a Mons. Buglione.
La domenica 27 agosto 1882 la chiesa fu riconsacrata da mons. Buglione con la partecipazione di Mons. Gastaldi, arcivescovo di Torino.
Per esigenze pastorali, con decreto del 1° aprile 1886 mons. Buglione eresse la chiesa di Sant’Agostino succursale della parrocchia dei SS. Martino e Bernardo. Con autorità apostolica il vescovo, il 4 novembre 1892, trasferì la sede parrocchiale da S. Bernardo a S. Agostino, dichiarando questa chiesa vera e unica parrocchia. Mons. Monale fu anche munifico benefattore del seminario di S. Agostino. Infatti, per favorire coloro che non potevano frequentare il piccolo seminario a Scarnafigi, anche se la retta era minima, nel 1885 pensò di aprire un pensionato in via …………….. n. 14 per i meno abbienti. Chi era nella possibilità economica concorreva a sostenere il bilancio con qualche piccola offerta in denaro o in natura, mentre al resto provvedeva il vescovo.
Fungeva da direttore, assistente e precettore il sac. don Donadio Enrico. I giovani erano 16 e frequentavano le scuole pubbliche.
Visto che l’esperienza era riuscita, il vescovo decise di portare il pensionato nell’antico convento di S. Agostino da lui acquistato poco tempo prima. Iniziò così quello che poi fu chiamato Piccolo Seminario Vescovile di S. Agostino.
Da principio fu un semplice convito, alla cui direzione il vescovo propose il teologo Giuseppe Martini. Nei primi anni i giovani furono 39 e pagavano 10 lire di pensione al mese.
Mons. Buglione contento che l’opera che gli stava tanto a cuore crescesse e constatando che i locali non erano più sufficienti sia per l’igiene che per la disciplina, decise di aggiungere una nuova costruzione che fu terminata nel 1894.
I piani superiori erano adibiti a dormitori, al piano terra si apriva un porticato sotto il quale furono collegate le aule scolastiche.
Gli alunni frequentavano ……… le scuole pubbliche, elementari e ginnasiali. Tuttavia, tali scuole non erano certamente le più adatte per la formazione al sacerdozio dei giovanetti di Sant’Agostino. Mons. Buglione pensò quindi di stabilire le scuole interne. Un’impresa non tanto facile, che richiedeva superiori ed insegnanti capaci. Il vescovo incaricò alcuni sacerdoti per l’insegnamento privato: il risultato fu lusinghiero.
Nella quaresima del 1882 comunicava alla diocesi l’indulto pontificio che permetteva ai fedeli di mangiare uova e latticini una volta al giorno durante la quaresima eccetto il mercoledì delle ceneri e delle tempora e tutti i venerdì e i sabati.
Nell’agosto del 1883, invitò la diocesi a speciali preghiere e alla raccolta di fondi per soccorrere gli abitanti dell’isola di Ischia, vittime del terremoto avvenuto la sera del 28 luglio dello stesso anno, che causò 5.000 morti e centinaia di feriti nella zona di Casamicciola.
Non tralasciò occasione per inculcare la devozione mariana specialmente nel cinquantesimo anniversario dell’apparizione della Madonna sul monte di Valmala, in regione Chiotto. Nella lettera pastorale del 1884 scriveva: “… nel corrente (anno) si compiono cinquant’anni dacché fu disposizione del sommo Iddio il quale si compiace ……. sempre di esaltare Maria SS.ma e di fare per mezzo e ad onore di Lei cose grandi e stupende… Non intendiamo certamente Noi ora, dopo il lasso di tanti anni, proferire un giudizio che non ha ravvisato di dover pronunciare chi reggeva allora questa Diocesi. …. se le circostanze vostre il consentono, se un pio desiderio vi chiama lassù ai piedi della Madre di Misericordia, non vi lasciate rincrescere dalla fatica che n’abbiate a sostenere… (e pregare) in quella Chiesuola donde tante grazie si diffondono…”.
Non tralasciò di suggerire la pietà eucaristica tanto più dopo la profanazione delle sacre particole avvenuta nel gennaio 1881 nella chiesa di San Giovanni in Saluzzo, nella parrocchia di Lagnasco, di S.ta Maria in Verzuolo e di Sant’Andrea a Villanovetta.
Particolare cura ebbe affinché nelle parrocchie si promuovesse un’adeguata istruzione religiosa; a tale scopo esortò allo studio della dottrina cristiana curando l’istituzione della “Compagnia della dottrina cristiana” in tutte le parrocchie.
Attento conoscitore della storia cittadina, volle far riscoprire il ricordo e la preghiera verso il beato Stefano Bandelli … la cui vita è legata alla città di Saluzzo.
Così scrisse nel settembre del 1879: “Nel rivolgervi però la parola, siccome non ignoriamo, che il Beato Stefano Bandelli, per il quale i nostri padri avevano una specialissima divozione, riguardandolo ed invocandolo come potente ed amorevole loro Avvocato presso Dio, è oramai per poco intieramente sconosciuto alla attuale generazione, così crediamo essere opportuno esporvi in breve la storia della santa sua vita ed accennare i grandi motivi, che tutti, e noi Saluzzesi più specialmente abbiamo di essergli ben affezionati e devoti.
Passato appena di questa vita, l’anno 1450 in questa Città con fama singolare di virtù e di santità il Beato Gioanni, allora dei Padri dell’Ordine di San Domenico, al quale Esso apparteneva. Per lungo tempo oggetto di pubblica, grandissima venerazione ai fedeli di Saluzzo singolarmente, quali accorrevano fiduciosi a pregare davanti ai resti del Venerabile Servo di Dio, povero ed umile Religioso, che aveva edificato per anni ed anni queste nostre contrade coll’esempio delle sue sante virtù e fattovi sentire tante volte la sua voce, predicando la Divina Parola”.
Le tristi vicende di quei tempi e la infausta generale dispersione di tutti gli Ordini Religiosi, che ebbe luogo sull’esordire di questo secolo, consigliarono di mettere in salvo il prezioso tesoro di quelle Reliquie con depositarlo nel privato Oratorio di una famiglia Saluzzese.
Cessato nondimeno l’infuriare di quell’epoca di perturbazione, le medesime, che già prima erano state tolte dal detto altare, perché il culto del Beato non era peranco stato riconosciuto e confermato dalla Santa Sede, e gelosamente serbavansi nella Sacrestia della Chiesa stessa di San Gioanni, vi furono di bel nuovo riportate e poste decentemente, come vi stanno oggidì, sotto la mensa dell’altare dedicato a San Pietro Martire e a S. Pio V, e adesso alla Beatissima Vergine Addolorata.
Le Reliquie medesime vennero nelle volute forme riconosciute nell’anno 1854 dal fu Monsignor Gioanni Antonio Gianotti nostro Antecessore.
Il Beato Stefano Bandelli è stato veramente uno splendido ornamento ed una bella gloria, come dell’intiero Ordine, così dell’antico Convento Scrivia nella Diocesi di Tortona… Meritò di essere annoverato tra i Teologi e i Canonisti di più gran nome della sua età. Divulgatasi perciò la fama del suo grande sapere fu chiamato ad insegnare pubblicamente nell’Università di Pavia, la qual carica tenne con molta lode per corso di alcuni anni.
Di ardentissimo zelo avvampava il suo cuore sacerdotale verso l’Immacolata Beatissima Vergine Maria. Ei la riguardava quale sua Regina e quale dolcissima Madre, e come teneva per certo, che per Maria a noi ne viene da Dio ogni favore ed ogni grazia, mai non cessava di esaltare l’efficacia del suo Patrocinio.
Trascorse gran parte della sua vita il Beato Stefano Bandelli nella nostra Città, ed il Signore lo conservò in essa fino all’anno ottantesimo primo della sua età, quando l’11 giugno del 1450, pieno di giorni e di meriti spirò placidamente nelle di lui mani l’anima sua.
Non possiamo però non accennare ciò che narrano i medesimi scrittori, come la Città nostra nell’anno 1487 trovandosi stretta dal duro assedio, mentre tutti paventavano della sorte che loro poteva toccare se i nemici riuscivano ad espugnarla a viva forza, si fece vedere sulle sue mura la Beata Vergine Maria in atto di difenderla, avendo seco a fianco un religioso dell’Ordine dei Predicatori, che tutti allora credettero fosse il Beato Stefano, morto appena trentasette anni prima, da molti personalmente conosciuto e da tutti già comunemente venerato qual Santo. A tale comparsa furono atterriti i nemici e Saluzzo andata salva dalle sciagure che avrebbero tenuto dietro alla sua violenta espugnazione non venne meno al debito di riconoscenza verso l’Augusta Madre di Dio ed il Beato Stefano accorso con Essa a proteggerla. Tale avvenimento difatti, veniva tramandato alla memoria dei posteri in un dipinto oggi giorno ancora rappresentato nella Chiesa di S. Giovanni al detto altare del Rosario dell’Imagine del Beato Stefano in piccolissime proporzioni, dipinto giudicato del 1534, nell’atto che con la SS. Vergine compare sopra le mura della Città assediata.
(Quindi) la liberazione di Saluzzo, (fu) attribuita singolarmente all’amorevole e potentissimo intervento della gran Vergine e del B. Bandelli.
È una cosa constatata da autorevoli documenti, che per pubblico voto emesso in quella circostanza i Saluzzesi si obbligavano di osservare il digiuno nei due giorni, che precedono il mercoledì delle Ceneri, e che nel secondo di tali giorni che era quello della liberazione, i Rappresentanti del Comune recavansi anticamente ogni anno con il Capitolo ed il Clero alla tomba del Beato Stefano per venerare le Reliquie e farvi l’offerta di cerei, come sì che nei tempi posteriori intervenivano invece nello stesso giorno, i Padri Domenicani in ringraziamento ed in onore particolarmente della Beatissima Vergine nella Chiesa Cattedrale.
Nè possiamo non provare rammarico, che siasi venuto meno ad una pia pratica, che contava tre secoli e più di osservanza e ricordava una segnalatissima grazia concessa da Dio alla nostra patria per l’intercessione di Maria SS.ma e del Beato Stefano Bandelli. Professate una divozione singolare al Beato nostro Proteggitore, veneratene le Reliquie, e pregatelo, che in un con San Goffredo, con San Costanzo e suoi Compagni incliti nostri Patroni, anche’Esso tutti ci accolga sotto l’ombra benefica della sua tutela”.
Dopo 23 anni di ministero episcopale, mons. Monale morì in Saluzzo, il 24 giugno 1894. Le sue spoglie riposano nella cripta dei vescovi nella cattedrale.